Municipio

Palazzo dell'Acqua

Sede istituzionale del Comune di Cerro Maggiore

Municipio

Descrizione

La sede istituzionale del comune di Cerro maggiore si trova nel settecentesco Palazzo Dell'Acqua.

L'edificio è stato oggetto di un radicale intervento di ristrutturazione alla fine del Novecento, quanto è divenuto sede del municipio.

Il municipio ospita le sedi degli organi istituzionali e gli uffici delle aree affari generali, finanziaria e risorse, servizi alla persona.

 

Modalità di accesso

L'accesso al palazzo è consentito durante gli orari di apertura degli uffici.

Come arrivare

Via San Carlo, 17

Mappa

Costi

L’accesso al municipio è gratuito.

Orario per il pubblico

Gli orari di apertura degli uffici - durante i quali è possibile accedere al municipio - sono pubblicati nella sezione dedicata.

Ulteriori informazioni

A proposito di Cerro Maggiore....

 

STEMMA

Lo stemma del comune di Cerro Maggiore è costituito da uno scudo sannitico1 diviso in due campi: il campo superiore occupa un terzo dell’intero scudo, quello inferiore due terzi. Il campo superiore è di colore (smalto) rosso-porpora; il campo inferiore è di colore azzurro con l’albero di cerro sradicato di colore naturale; come ornamento esterno allo scudo troviamo due rami di alloro e di quercia annodati da un nastro coi colori nazionali. Lo stemma del comune di Cerro ebbe due approvazioni governative: la prima risale al 9 giugno 1932, la seconda al 30 marzo 1942. Inoltre, il 26 marzo 1946, con la legge per il “referendum” istituzionale, che il 2 giugno dello stesso anno avrebbe creato la Repubblica Italiana, come segno distintivo dei comuni venne decretata la sovrapposizione al loro stemma della corona muraria formata da un cerchio di quattro pusterle (piccole porte), di cui tre visibili, con muro a base di una cinta aperta da sedici porte, ciascuna sormontata da una merlatura a coda di rondine. Per l’interpretazione simbolica dello stemma del comune di Cerro Maggiore Don Vittorio Branca ipotizza: «il colore rosso-porpora del campo superiore dello stemma rappresenta la terra che fiorisce. Come qualità spirituali il color porpora negli stemmi significa fede, temperanza, castità, verecondia, signorile grandezza, ricompensa d’onore, ricchezza, liberalità, regia divina. [...] D’azzurro è il campo inferiore dello stemma cerrese. Per le virtù spirituali l’azzurro nei blasoni significa: devozione, fedeltà, giustizia, santità; per le qualità mondane: bellezza, nobiltà fortezza, vigilanza, vittoria, perseveranza, amore della patria, buon augurio e fama gloriosa [...]. In Italia l’azzurro fu distintivo della frazione guelfa. L’albero di cerro posto nel campo inferiore dello scudo ricorda l’origine etimologica del nome Cerro. I due rami annodati alla base dello stemma ed usati anche per lo stemma della Repubblica Italiana sono di quercia e alloro. La quercia significa forza, alta nobiltà, benevolenza, longevità e meriti riconosciuti, l’alloro, o lauro laurus nobilis, albero sempre verde, tenuto in grande onore dagli antichi, è simbolo di sapienza e di gloria»

CENNI STORICI CANTALUPO

Lo storico Bombognini, nel suo Antiquario, fornisce qualche notizia, anche se non molto precisa, del piccolo borgo di Cantalupo: Qui era un antico Monastero, fondato da Florina Crivelli, sorella di Urbano III Papa, ed insieme nostro Arcivescovo. Si scorgono tuttora in Cantalupo gli avanzi dell’antico Monastero e si vede sul muro della Parrocchiale Chiesa un’antica pittura, che rappresenta un Crocifisso con ai piedi una Monaca, e sotto di essa queste parole: M. FLORIANA. Furono le monache in origine Umiliate, poi Agostiniane, finalmente Francescane Scalze, e così esemplari, che Pio II nel 1461 ne delegò alcune alla riforma del Monastero maggiore, e nello stesso secolo molte altre a riformare quattro Monasteri esistenti in Milano ed in Pavia. In realtà, la storia di Cantalupo è strettamente legata a quella del Monastero delle Monache benedettine, divenute poi Umiliate ed infine, Francescane, fondato e largamente dotato, in epoca medioevale, dalla sorella di Uberto Crivelli. Questi, di origine milanese, fu Arcivescovo di Milano e successivamente Papa.[...] Floriana Crivelli proveniva da una delle famiglie più potenti e nobili di Milano; suo padre, Danese Crivelli, possedeva vaste proprietà terriere [...]. Partecipò, inoltre, alla vita politica del tuo tempo, ricoprendo la carica di potestà in varie città [...]. [...] nel 1282 vennero consegnate a Floriana Crivelli alcune terre nei territorio di Origgio e Cantalupo, già possedute dal padre. Il 3 febbraio dello stesso anno, fu redatto l’atto notarile della sua professione religiosa, presso il Monastero di Santa Agnese, in Milano, nel borgo di Porta Vercellina; visse presso questo monastero per una decina d’anni e pare che nel 1287 ne fosse la superiora. L’anno seguente, esattamente il 3 agosto, assieme ad altre religiose ottenne da Albertus de Basilicapetri, vicario generale dell’Arcivescovo Ottone Visconti, l’autorizzazione ad istituire a Cantalupo, sui terreni di sua proprietà una nuova casa religiosa, che venne denominata Monastero di Santa Maria di Cantalupo. Sicuramente il borgo di Cantalupo, nel quale già esisteva una chiesa, sorse molto prima del 1200, ma risalire all’epoca esatta della sua fondazione non è stato possibile, per la mancanza di documentazione. Per quanto concerne, invece, la vita del convento di Cantalupo, siamo a conoscenza dell’atto notarile con cui Floriana Crivelli venne nominata Badessa della nuova Casa di Cantalupo; che la regola seguita era quella agostiniana e che questo convento, pur facendo parte della Diocesi di Milano celebrava secondo il rito romano [...]. Madre Floriana a le sue consorelle rimasero su queste terre circa dieci anni, poi vennero acquistati vasti appezzamenti di terreno in Milano e Floriana Crivelli ritornò ivi. Nel dicembre del 1290, [...] dettò (dalla sua camera del Monastero di Cantalupo) il suo testamento. [Dopo la sua morte] a Cantalupo venne nominato un sacerdote “mercenario” per la celebrazione delle funzioni religiose ed un amministratore che regolasse i profitti della comunità agricola. Nel 1790 le Monache vendettero le loro proprietà in Cantalupo alla nobile famiglia Bellinzaghi [...], che prese possesso del latifondo e costruì la propria casa patrizia. [...] A questa famiglia subentrò la famiglia Calvi e successivamente, nel XIX secolo, una nobildonna, Rosa Manzi Fé ed infine, il Sen. Comm. Felice Gaio, fondatore del primo asilo di Cantalupo. Alcune tracce del monastero potrebbero oggi essere riconosciute nei resti di alcune finestre ad arco gotico e in un grande arco con frammenti di intonaco scalpellato inseriti nei muri di un vecchio cortile. La voce popolare afferma che proprio in quel nascosto cortile fosse situato l’antico monastero e adiacente a quelle finestre vi fosse un grande pozzo ora chiuso. È certo che il monastero venne trasformato con il passare dei secoli, prima in ospedale e poi in caserma di cavalleria, mentre è probabile che fra quelle mura caddero numerosi soldati durante le cinque giornate di Milano. La comunità rurale di Cantalupo, dedita principalmente alla coltivazione della vite e dei cereali, nonché alla pastorizia, gravitava intorno al Convento, grazie al quale il piccolo borgo era diventato centro di scambio non solo di merci, ma anche di cultura, senza però alcuna possibilità di espansione.[...] L’aggregazione di Cantalupo a Cerro Maggiore fu stabilita da Maria Teresa, in applicazione del famoso editto del 30 dicembre 1755, col quale veniva effettuata, per la prima volta nella storia del Ducato milanese, una generale riforma delle amministrazioni locali. Si formò così un unico Comune, in un primo momento denominato Cerro con Cantalupo e successivamente, con l’avvento del regno d’Italia, Cerro Maggiore.

 

TOPONOMASTICA

Numerosi studiosi hanno fornito la loro interpretazione sull’origine del nome di Cerro Maggiore. Tra le meglio argomentate si citano le seguenti. Giorgio Giulini, nelle sue Memorie spettanti alla storia, al governo, alla descrizione della città e campagna di Milano (IV Libro, vol. XXVI) (edito tra il 1760 e il 1775) riferisce: «Gaudenzio Merula ha creduto che dove ora vi è la terra chiamata Cerro nel Milanese, presso Legnano e Rescaldina, vi fosse anticamente quella città fra il Po e l’Alpi, chiamata da Polibio – Acerrae –, ma la somiglianza del nome lo ha ingannato. Infatti, molti luoghi si trovano nelle nostre campagne che hanno preso simili nomi, probabilmente dalla copia degli alberi addomandati cerri, che trovansi nei loro contorni. La città chiamata anticamente – Acerrae, Acherrae – e ne’ i tempi più bassi – Acerculae –, ora è Ghiera o Gerra, vicino al Castello di Pizzighettone». Dante Olivieri nel suo Dizionario di toponomastica lombarda (1931) sostiene che la “cerrina” è il nome di un ampio territorio, in provincia di Milano, «già per metà incolto ed il rimanente boschivo, vicino al villaggio di Cerro Maggiore». Certamente la cerrina è un territorio ricoperto di cespugli di cerro1 . Anche la Storia dei comuni della provincia di Milano, riporta su Cerro una notizia utile in proposito: «A settentrione di esso, incominciava il territorio detto cerrina, di circa venti miglia di circonferenza, già in parte incolto ed i parte coperto di boschi di cerri, ma dopo la metà del secolo XVIII, coltivato per lo più a viti e a gelsi». [...] Risulta dalla scoperta di ruderi romani, che le piantagioni di cerro si estendevano anticamente dal nostro territorio a quello di Gorla Minore, sulla riva sinistra dell’Olona, formando la vasta zona boschiva delle “cerrina”. [...] Carlo Battisti e Giovanni Alessio, nel Dizionario etimologico italiano (1966), rilavano che “cerrus” si riferisce propriamente alla quercia dei terreni sassosi. Così cerrus può essere accostato alla voce mediterranea “carra”, ossia pietra. Nel dialetto ligure, “caris” significa pietra; in alcune parlate, cerro indica “collina” (cfr. lo spagnolo e il portoghese). Cerro indica anche la parte più interna e più compatta di una roccia. È notevole la concordanza Cerrus-Petris (pétra), al punto da non escludere neppure che l’origine del nome del comune sia da far risalire alla sua tipica conformazione fisica: una specie di balcone-costa sopra la valle Olona. [...] La parola “Ker” [in celtico] significa [...] altura o castello e riferita a Cerro Maggiore potrebbe convalidare l’opinione di un luogo sulla collina. [...] Michele Grammatica [fa derivare] il toponimo Cerro dalla lingua celtica “cae-car-scer”, cioè recinto di sassi. Egli suppone che un recinto di serizzo (serish) sorgesse sulla strada del Sempione [...]. Secondo il Grammatica, Cerro era a guardia anche di un importante ponte sull’Olona2 , poiché nell’antichità questo fiume dilatava le sue acque fino a Cerro, oppure il territorio del comune si estendeva fino alle sue sponde. L’attributo “Maggiore” venne assunto dal comune di Cerro in forza del Decreto legge del 23 ottobre 1862. Questo decreto era stato invocato dalla Sottoprefettura di gallarate, cui allora apparteneva Cerro, la quale il 19 luglio 1862 scriveva al sindaco di Cerro, il nobile Luigi de Conturbia, che l’identità del nome di parecchi comune generava equivoci anche nelle pubbliche amministrazioni. Il Ministero dell’Interno aveva già reso noto che le rappresentanze di tali comuni avrebbero dovuto cambiare la loro denominazione o almeno apportare qualche aggiunta dedotta dalla propria posizione geografica o da altro motivi. Trovandosi Cerro in tali condizioni, il sindaco de Conturbia, nella seduta consigliare del 2 ottobre 1862 fece la proposta, poi approvata, di aggiungere all’antico nome di Cerro l’attributo “Maggiore”.

CENNI STORICI

I primi abitatori di questi luoghi appartennero alla stirpe celtica dei Galli, la cui calata nella Valle Padana si concluse verso la seconda metà del IV sec. a. C.. La presenza gallica nel territorio non corrispose affatto con un periodo di pace e di prosperità. Risulta difficile, pertanto, determinare la rilevanza che questo popolo ha avuto nello sviluppo delle nostre città. La lunga e sistematica opera di romanizzazione, avviata da Roma, a seguito della vittoria ottenuta sui Galli nel 196 a.C, presso l’odierna Casteggio, condusse alla radicale rimozione dei segni lasciati dalla civiltà celtica. Nel periodo dell’egemonia romana, in cui importanti colonie (Legnano, Sesto Calende, Somma Lombardo, Castano, per citarne alcune) vennero fondate sulle grandi vie di comunicazione che da Mediulanum (Milano) conducevano ai laghi e all’Ossola, è impossibile distinguere le vicende dei borghi minori da quelle dei centri principali. I numerosi ritrovamenti di tombe, armi, monete ed utensili testimoniano, tuttavia, che il territorio cerrese, già prima di Cristo, era intensamente abitato. (1) Nel 476 d.c., convenzionalmente indicato come l’inizio del medio evo, l’Impero romano d’Occidente cadde. L’arrivo in Italia settentrionale, nella metà del VI sec. d.C. (568 d.C), dei Longobardi e la fondazione del loro regno, pose termine al periodo di instabilità politicoistituzionale, seguito al tracollo romano. Nel 774 Carlo Magno, travolta la fragile resistenza longobarda, represse il dominio longobardo nella penisola, inaugurando quel celebrato periodo carolingio che si sarebbe protratto per oltre un secolo. Conseguenze più diretta della conquista franca sulla campagna milanese fu sicuramente la suddivisione del suo territorio in contadi, in numero di cinque. Il contado del Seprio, di Stazzona, di Burgaria e di Lecco; del contado di Milano, faceva parte anche il fondo di Cerro. Le cronache che riferiscono degli avvenimenti del X secolo, periodo nel quale per esigenze di difesa, legate alle frequenti scorrerie degli Ungari e alle rappresaglie dei duchi aspiranti al Regno d’Italia, molti dei borghi si incastellarono, riportano che Cerro venne fortificata. Del castello, munito di solide mura e di una torre, edificato lungo la vecchia strada per Uboldo, non sono però rimaste tracce. (2) Nel 1176 la Battaglia di Legnano, tra l’esercito imperiale del Barbarossa e la coalizione degli eserciti lombardi, ebbe tra gli scenari anche il territorio cerrese. Alcuni scontri, probabilmente, si disputarono in località Canazza, che è stata parte del territorio di Cerro sino al 1927. A seguito di disposizioni imperiali, nel 1185, Cerro, insieme ad altri borghi interessati dai medesimi provvedimenti, venne separata dal contado di Milano e aggregata al contado del Seprio. Il Seprio godette della sua autonomia sino al 1287, data in cui i Visconti, signori di Milano, espugnarono la rocca di Castelseprio, disponendone l’abbattimento, unitamente alla distruzione del borgo. Gli influssi derivanti dallo sviluppo mercantile avviato a Milano durante gli anni della signoria viscontea, non produssero, tuttavia, significativi effetti sul fondo di Cerro, che perseverò nella sua vocazione prevalentemente agricola. Quando, nel XVI secolo, Carlo V assunse il dominio del Ducato di Milano, nel territorio lombardo, l’istituzione del feudo era già molto estesa e, nei due secoli successivi, i dominatori spagnoli incentivarono ulteriormente la tendenza alla vendita dei feudi. A tale logica non poté sottrarsi nemmeno la comunità rurale di Cerro che, alle metà del Seicento, fu acquistata come feudo, dal conte Vincenzo Ciceri. (3) Il Settecento e l’Ottocento furono per Cerro i secoli dello sviluppo agricolo del suo territorio: alla coltura prevalente del grano, si affiancò quella della vite e del gelso, destinate ad una rapida diffusione. All’Ottocento risale l’affrancamento manifatturiero del comune, incentrato sulla tessitura del cotone. Il sistema di lavoro a domicilio, fondato sull’industria casalinga, lasciò progressivamente spazio alle prime grandi fabbriche. Nel 1898 i Bernocchi aprirono la prima tessitura di Cerro Maggiore. Accanto all’industria tessile sorsero, dopo la prima guerra mondiale, i primi calzaturifici; il numero degli addetti all’industria del cuoio e delle calzature era inferiore solo a quello del settore tessile. I decenni di apertura del Novecento furono anche per Cerro Maggiore quelli dei grandi sconvolgimenti determinati dai conflitti mondiali. La seconda guerra mieté 100 vittime tra i cerresi. Un tributo elevatissimo, se si considera che la popolazione del comune, in quegli anni, ammontava a sole 7.000 unità. (1) Le prime comunità cristiane a Cerro. Il cristianesimo abolì la cremazione dei cadaveri, restituendo ad essi l’inumazione, già in uso presso l’antico popolo ebraico, intendendo ricordare con questo rituale funebre la resurrezione finale delle spoglie umane.[...] Si comprende allora come siano scomparse gradualmente, già nei primi secoli dopo Cristo, le urne cinerarie e come successivamente siano comparse tombe , costruite in vario modo [...]. L’usanza però, di collocare accanto ai resti mortali alcuni oggetti personali del defunto e dei vasi di terracotta come doni e omaggi dei parenti, non viene subito cancellata ma perdura per un determinato tempo anche nelle sepolture cristiane. [...] La diffusione [...] della religione cristiana nel territorio di Cerro durante i primi secoli della nostra era, è testimoniata dalle scoperte archeologiche, che hanno riportato alla luce tombe cristaiane, che risalgono quasi sicuramente all’epoca romana. Il tipo di tomba rinvenuta nella nostra zona, non è più l’urna cineraria, nella quale venivano conservati i resti della cremazione dei cadaveri, eseguita secondo il rituale pagano, bensì la tipica sepoltura cristiana, caratterizzata dalla cassa della “cappuccina”. Una testimonianza importante riguardante il territorio di Cerro, è costituita dai ritrovamenti archeologici, di cui si fa menzione nell’Antiquario del Bombognini. In questo caso, il riferimento a tombe con monete dei primi imperatori romani, mette in evidenza come tali sepolture fossero pagane. Inoltre, a Cerro, a poca distanza dai ritrovamenti di cui parla Bombognini, furono trovati i tegoloni delle tombe cristiane di epoca romana; ciò avvenne nel 1960, durante i lavori di scavo in via Giordano Bruno, latrale a via Boccaccio. Senza voler forzatamente attribuire a Cerro maggiore, altri rinvenimenti di dubbia provenienza, è comunque interessante ricordare alcuni ritrovamenti avvenuti nella zona limitrofa al comune. [...] nel terreno lungo la via del Sempione, acquistato nel 1946 dalla ditta Carlo Mocchetti per la costruzione del suo stabilimento, venne scoperto nello stesso anno un sepolcreto del I sec. d.C. Nel 1947, mentre si costruiva il muro di cinta nella parte meridionale e si arava il terreno annesso, apparvero i primi segni di antiche tombe. Vennero, infatti, alla luce 80 tombe, con un corredo funebre molto ricco e vario [...]. Si trovarono anche monete con immagini degli imperatori cesare Augusto, Domiziano, Vespasiano, Nerva, Traiano e con l’effige di divinità come Marte, Pallade e così via. Scrive Sutermeister: «Tutto il sepolcreto giace ai confini di Cerro Maggiore ed è disposto a forma di arco. Segno evidente che all’epoca romana vi era una strada che nel salire da Legnano a Cerro faceva un arco». Un altro sepolcreto [...] venne scoperto nel 1955 ancora al confine tra Cerro e S. Vittore, precisamente a sud-est di questo comune, nel terreno di proprietà Carlo Bombelli in via Concordia 3. Negli scavi furono ritrovate 17 tombe con oggetti vari e 4 monete, le cui iscrizioni inducono a credere che il sepolcreto fosse dell’epoca di Augusto e Tiberio, quindi dei primi decenni del I sec. d.C.. (2) Il Decimo Secolo. [Nel corso del decimo secolo] in tutta la zona si organizzarono nella campagna fortificazioni e difese: i nobili, gli arcivescovi, gli abati ed i ricchi proprietari acquistarono dall’imperatore il diritto d’incastellare, cioè di costruire edifici nei quali poter collocare presidi armati, immagazzinare vettovaglie e riserve nei momenti di pericolo, con certi diritti di natura fiscale sui rustici del luogo, sulle merce e sui mercanti che transitavano. Fu appunto in quelle circostanze che sorse nella pianura di Legnano all’incrocio della strada della Valle Olona, la fortificazione che ancora oggi conserva l’originario nome di Castellanza. In un’epoca di poco successiva e probabilmente per le stesse esigenze di difesa contro le orde nemiche che minacciavano la zona, venne fortificato anche Cerro Maggiore. Documenti storici parlano di un castello esistente a Cerro in epoca antica, lungo la vecchia strada per Uboldo, munito di solide mura, dotato di un’importante officina e con un’alta torre. Inoltre il Bombogini, nel suo Antiquario riporta questa notizia: «Nell’anno 1094 era questo paese munito di un castello, avanzo forse dell’estinta città; ce lo accerta il testamento di Landolfo prete, decumano della Chiesa di S. Maria Jemale di questa città (Milano), nell’archivio dei RR.PP. Cistercensi di S. Ambrogio di questa Metropoli, il quale lasciò alcuni fondi posti dentro il castello suddetto, affinché servissero per le calze de’ Monaci e parte alla Canonica del detto S. Ambrogio». «In questi tempi (forse a partire dal 777) – afferma l’Amati – vi fu innalzato un castello, del quale nel 1851 si scopersero le fondamenta a circa 300 m. a levante del paese, lungo la strada che mette ad Uboldo. La sola torre misurava circa 20 m. in quadrato e i muri si rinvennero ancora di una grande solidità. A poca distanza si scopersero altresì gli avanzi di un’officina da fabbro-ferraio, che trovandosi nel recinto del castello rivela sempre più la natura dell’edificio e l’indole dei tempi cui appartenne, più difficile a spiegarsi sarebbe l’esistenza del pozzo, molto più lontano e a levante del castello stesso, scoperto sullo scorcio del 1700, la cui località precisa ora si ignora, non rimanendone che la tradizione e la denominazione di campo dei pozzo sui registri censuari». (3) Il feudo di Cerro durante la dominazione spagnola. A partire dall’inizio della dominazione spagnola in Lombardia, nel 1535, l’istituzione del feudo era già molto estesa. Nei due secoli precedenti, infatti, i duchi di Milano usarono accortamente le istituzioni feudali quale strumento politico per l’edificazione del loro Stato. Da una parte imponevano la loro supremazia ai feudatari più indomiti, dall’altra distribuivano volentieri ai loro sostenitori investiture feudali allo scopo di poter disporre di rappresentanti fedeli della loro autorità nel contado. Di conseguenza i vincoli tra il poter centrale e le autorità periferiche furono rigidamente consolidati e i termini dell’autorità feudale furono chiaramente codificati. [...] Si può quindi affermare che quando Carlo V assunse il dominio del ducato di Milano, questi pullulava già di feudi e la dominazione spagnola proseguì, durante il XVI e il XVII secolo, questa tendenza.[...] Il ricorso alla vendita dei feudi da parte dei governanti spagnoli aveva [...] il precipuo scopo di aumentare il gettito delle entrate. Alla metà del XVII secolo, epoca in cui il Conte Vincen- zo Ciceri acquista come feudo la comunità rurale di Cerro Maggiore, fu dato avvio ad una nuova ondata di infeudazioni con l’esplicita dichiarazione, nella “grida” del 12 febbraio del 1647, di «trovar forma di far danari, di rimettere e mantenere l’Essercito di Sua Maestà per la difesa et conservatione di questo Stato

Ultimo aggiornamento: 02-05-2024

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